È entrata in vigore la legge n. 131 del 12 settembre 2025, meglio conosciuta come “legge sulla montagna”. Un provvedimento atteso da anni, che aggiorna il quadro normativo a più di tre decenni dall’ultima grande riforma del settore, con l’obiettivo di restituire dignità e prospettive di sviluppo ai territori montani italiani.
La montagna, troppo spesso dimenticata e colpita da un lento ma costante spopolamento, diventa finalmente protagonista di un piano nazionale che guarda alla qualità della vita, ai servizi e al rilancio delle economie locali.i
Il cuore della legge è rappresentato dallo stanziamento di 200 milioni di euro l’anno fino al 2027, una cifra importante che sarà distribuita tra diversi ambiti: sanità, istruzione, mobilità, turismo, agricoltura, servizi digitali. In particolare, 40 milioni saranno dedicati alla sanità e 20 milioni all’istruzione, due pilastri fondamentali per garantire alle comunità montane le stesse opportunità delle città.
Non si tratta solo di numeri: la legge prevede incentivi per medici e insegnanti che scelgono di lavorare nei comuni montani, bonus e agevolazioni fiscali per chi decide di stabilirsi in queste aree, sostegni mirati alle aziende agricole e forestali che mantengono vivo il tessuto produttivo.
Un’altra novità significativa è la nuova classificazione dei comuni montani, che si baserà non solo sull’altitudine ma anche sulla pendenza del territorio. Un criterio più realistico, che permetterà di calibrare meglio le risorse in base alle reali difficoltà di ciascun territorio.
La legge è stata accolta con favore da molti sindaci e amministratori locali, che da tempo chiedevano strumenti concreti per arginare l’esodo delle giovani generazioni. Ma non mancano le critiche: alcune associazioni ambientaliste contestano la possibilità di rivedere i divieti di caccia nei pressi dei valichi montani e l’ipotesi di abbattimenti controllati dei lupi, ritenuti un rischio per la biodiversità.
Al di là delle polemiche, l’entrata in vigore della nuova legge segna una svolta storica. Le comunità di montagna non chiedono privilegi, ma pari diritti rispetto a chi vive in pianura o in città. Accesso alla sanità, scuole funzionanti, infrastrutture digitali, trasporti sicuri: sono queste le condizioni minime per restare a vivere in territori spesso difficili ma ricchissimi di potenzialità.
Ora la parola passa agli enti locali, chiamati a tradurre in progetti concreti le opportunità offerte dalla legge. Se le promesse diventeranno realtà, la montagna italiana potrà tornare a essere non un luogo di abbandono, ma un laboratorio di vita, innovazione e sostenibilità.