Le parole di Domenico Iannacone arrivano come un pugno nello stomaco, davanti a una delle tragedie più sconvolgenti accadute negli ultimi giorni: la strage familiare di Paupisi, nel beneventano. Una vicenda di violenza estrema, che ha spezzato la vita di Elisa Polcino e di suo figlio Cosimo, lasciando in bilico quella della figlia Antonia.
Nel suo post, il giornalista non si limita a raccontare i fatti, ma ne scava il senso più profondo: la fragilità di una comunità che spesso non sa o non vuole vedere i segnali della violenza domestica, l’orrore che si consuma nel silenzio delle case, e la necessità di riconoscere che questo male non è lontano, ma accanto a noi.
Di seguito, il testo integrale firmato da Domenico Iannacone:
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Da ieri non faccio che pensare a quello che è accaduto a Paupisi, nel beneventano, una famiglia sterminata.
Elisa Polcino, 49 anni, è stata uccisa a colpi di pietra dal marito: l’ennesimo femminicidio. Accanto a lei, i figli: Cosimo, 15 anni, ammazzato forse allo stesso modo, e Antonia, 16 anni, che ora lotta disperatamente tra la vita e la morte, con il cranio fracassato da colpi di pietre e bottigliate.
Non riesco a smettere di pensare al terrore che avrà provato questa ragazza, unica sopravvissuta — si spera — di questa tragedia. Agli occhi che hanno visto la brutalità del padre abbattersi sulla madre e sul fratello. Alla paura che l’ha assalita.
E poi quella corsa folle in auto: il corpo del fratello senza vita accanto, il viaggio verso il nulla con un padre assassino deciso a uccidere anche lei, la fuga conclusa dopo 13 ore tra le campagne del Molise. Penso ai suoi occhi, a tutto ciò che hanno dovuto sopportare. Al suo calvario silenzioso, in balia di un uomo senza freni, privo di qualsiasi richiamo del cuore capace di fermare quell’orrore.
Dietro queste storie c’è sempre un prima che forse non abbiamo voluto guardare fino in fondo. Urla, fragilità, segni lasciati scivolare via. Una comunità che dice di non sapere, e qualcuno che invece confessa: “Si sentivano litigi sempre, era una tragedia evitabile… Una volta lui si era denudato in piazza”. Forse l’ombra della depressione, di un disagio psichico, o chissà quali altri demoni attanagliavano quell’uomo.
Ma è qui che nasce la ferita più grande: l’illusione che la violenza domestica sia qualcosa che accade altrove, a persone lontane da noi. Invece si annida accanto, dentro le case, nelle pieghe delle vite di chi incrociamo ogni giorno.
Pensando a ciò che è accaduto mancano le parole, perché questa storia supera ogni logica, ogni comprensione.
Perché un sasso che si abbatte su una donna e sui suoi figli non è mai soltanto un gesto folle, ma il frutto di un male che cresce nel silenzio e che ha le radici in mezzo a noi.