Diritti e sociale, l'Italia fanalino di coda

Ennesima bocciatura da parte della Commissione Europea dei Diritti Sociali

di Luigi D'Ettorre
04/02/2014
Attualità
Condividi su:

È proprio di qualche giorno fa la bocciatura dell’Italia da parte della Commissione Europea dei Diritti Sociali (CEDS), organo di controllo del Consiglio d’Europa (istituzione internazionale diversa dall’UE) del trattato denominato Carta sociale europea (CSE). La versione ampliata e riveduta della CSE è stata ratificata dal nostro Paese nel luglio 1999 e da quel momento ci si è impegnati a rispettarne le disposizioni che riguardano i diritti sociali più rilevanti: lavoro e occupazione, abitazione, salute, educazione e formazione, protezione sociale, libertà di movimento e non discriminazione.

Ebbene, a gennaio il CEDS ha ultimato l’esame del rapporto presentato dal governo italiano e ha emesso ben 7 conclusioni di non conformità (su 19) della situazione interna italiana alle norme del trattato. In sostanza all’Italia è stata addebitata l’incapacità di applicare in maniera soddisfacente delle clausole del trattato, compromettendo la fruizione di alcuni diritti sociali dei propri cittadini. I maggiori organi di “informazione” italiani, uscendo parzialmente dall’abituale stato di torpore, si sono degnati di darne notizia, ma anche questa volta si sono dimostrati parziali e imprecisi. Hanno parlato genericamente di “condanna” dell’Italia per non aver saputo garantire pensioni minime dignitose e adeguati livelli di protezione ai lavoratori, ma la situazione, se possibile, è ancora più complessa e delicata. Per la precisione, infatti, le sette disposizioni della Carta non rispettate dal nostro Paese riguardano il diritto alla sicurezza e all’igiene sul lavoro, in particolare per quanto riguarda l’attuazione e il riesame periodico di una politica nazionale coerente in materia di sicurezza, di salute dei lavoratori e dell’ambiente di lavoro (art. 3, par. 1); il diritto alla sicurezza sociale (art. 12) attraverso lo stabilire e il mantenere un regime di sicurezza sociale (art. 12, par. 1), l’impegno a elevare progressivamente il livello del regime di sicurezza sociale (art. 12, par. 3) e l’adozione di provvedimenti atti a garantire l’erogazione, il mantenimento e il ripristino dei diritti alla sicurezza sociale con mezzi quali la totalizzazione dei periodi di contribuzione o di lavoro compiuti secondo la legislazione di ciascuna delle Parti (art. 12, par. 4); il diritto all’assistenza sociale e medica attraverso l’accertamento che ogni persona la quale non dispone di risorse sufficienti o che non è in grado di procurarsi tali risorse con i propri mezzi o di riceverli da altra fonte, possa ottenere un’assistenza adeguata e, in caso di malattia, le cure di cui necessita in considerazione delle sue condizioni (art. 13, par.1); il diritto delle persone anziane ad una protezione sociale (art. 23); il diritto alla protezione contro la povertà e l’emarginazione sociale (art. 30).

E adesso cosa succederà all’inadempiente Italia? In realtà ben poco, in quanto il CEDS non è un vero e proprio tribunale (come ad esempio la Corte europea dei Diritti dell’Uomo) e non emette sentenze vincolanti, le quali, se non rispettate, portano automaticamente all’apertura di procedure di infrazione e a multe giornaliere salate. Il CEDS, in simbiosi con il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, al massimo può compiere una sorta di “moral suasion” sullo Stato condannato, il quale se è governato da una classe dirigente responsabile non tarda a sanare la situazione e mettersi in regola. Purtroppo questa non sembra essere la condizione di cui gode il nostro Paese…

Leggi altre notizie su Alto Molise
Condividi su: