Due morsi della stessa mela

Il racconto della scrittrice Sveva Rossi in esclusiva per altomolise.net

di Sveva Rossi
09/02/2014
Attualità
Condividi su:

Nina e Gaetano, per gli amici Gae, erano due morsi della stessa mela, due soffi dello stesso respiro... Erano due che nella tempesta della vita si erano trovati abbracciati senza nemmeno accorgersene. E si erano amati, come si amano i disperati, di quell'amore folle che quasi ti stitola. Si erano conosciuti quando oramai dalla vita non si aspettavano più nulla e si erano amati, ah se si erano amati! Gae era uno scrittore, che voleva sfondare, viveva di speranze e di sogni, che spesso lo distaccavano dalla realtà. Nina era una psicologa, lavorava in una asl di periferia, con quelli che vengono chiamati ragazzi difficili, ma che lei definiva persi...Nina era nata in un quartiere ricco, da una famiglia ricca, ma era cresciuta nell'anaffettività più assoluta, non conosceva la parola amore.
Gae era stato un bullo, un ragazzo difficile, come l'avrebbe definito Nina, era cresciuto in una famiglia povera, dove non si viveva ma si sopravviveva. Aveva imparato presto a cavarsela da solo. L'universita' l'aveva pagata con i soldi raccimolati lavorando a destra e a manca. Nina aveva studiato, al calduccio della sua stanza rosa, ma non si era mai appassionata, l'aveva fatto per consumare tempo. Ma in realtà Nina non si era mai appassionata a nulla, aveva sempre cercato chi la coinvolgesse, chi la facesse sentire viva, senza però sforzarsi troppo.
Gae e Nina si erano incontrati in un elegante resort della costa pugliese. Lei si godeva, si fa per dire una vacanza regalatale dai suoi genitori, che spesso facevano questi gesti, più per placare il loro senso di colpa, che per compiacere la loro bambina, come la chiamavano ancora loro, nonostante Nina oramai fosse oramai vicina ai trenta. Gae li ci lavorava, faceva l'animatore turistico. Oramai quella di passare le estati fuori casa, fuori dal caldo romano, era diventata una consuetudine. Poi del resto con le Convers ai piedi e quella maglietta della Valtur addosso si sentiva quasi un figo. Tipo l'uomo che non deve chiedere mai. Ogni anno a fine stagione, con gli ombrelloni oramai chiusi, giurava che sarebbe stato l'ultimo, ma poi a maggio si ritrovava senza soldi e chiamava quell'agenzia per partire di nuovo. E anche quell'anno era partito. Nina era arrivata li con su di un volo di prima classe, con il morale sotto le scarpe e con tanta voglia di non pensare.  Oramai era al suo quarto giorno di vacanza e trascorreva le sue giornate nascosta dietro i suoi preziosissimi Miu Miu, leggendo svogliatamente l'ultima fatica di Camilleri. Intorno a lei, come al solito la vita scorreva, qualcuno di quegli strani esseri sorridenti con quelle magliette colorate, aveva provato a coinvolgerla, senza risultati.
Quel pomeriggio sonnecchiava sulla piscina, Gae che faceva l 'animatore di contatto, era impegnato in una estenuante lotta all'ultimo gavettone con un gruppetto di ospiti napoletani. Non aveva neppure notato quella tipa stesa sul lettino in stato quasi catartico. Non l'aveva notata fino a quando uno di quei pallonciji colorati pieni di acqua le era piombato sulla faccia con la delicatezza di uno schiaffo. Nina si risveglia dal suo torpore cacciando un urlo, e vede intorno a lei quel gruppetto di imbecilli, che a stento trattiene le risate! Che cazzo hanno da ridere - pensa lei - Gae le si avvicina e con uno dei suoi migliori sorrisi le dice - vuol dire che devi venire a divertirti con noi, tanto sei già tutta bagnata - Nina sente le sue guance farsi di fuoco. Ha colto quel volgarissimo doppio senso. Guarda Gae sprezzante e si volta dall'altra parte lasciandolo con il suo sorriso un po’ ebete sul viso.
Ma chi si crede di essere quella stronza - pensa lui - avrà anche due belle tette, che faticano a stare nel costume, ma e' proprio un'acida del cazzo. Ma a ridestarlo da quel pensiero arriva lo sguardo di quella biondina niente male, che sicuramente entro breve sarebbe entrata a far parte della collezione di amplessi da villaggio turistico, quelli da una botta e via, al massimo due...
Ma che cafone - pensava Nina - asciugandosi il viso e riponendo i suoi occhiali nella custodia di velluto rosa, avrà pure un bel corpo abbronzato, ma con quell'accento da borgataro, solo l'animatore turistico poteva fare.
Innervosita dallo spiacevole episodio, ma Nina era innervosita da tutto ciò che in un certo senso poteva riscuoterla dal suo ostinato torpore, decise di ritornare nella sua elegante stanza, quella con vista sul mare, lei amava il mare, amava perdere il suo sguardo azzurro nell'immensità.
Gae nel frattempo, aveva terminato il suo pomeriggio di lavoro e con lo zaino in spalla  stava tornando  negli squallidi alloggi dell'animazione. Una doccia, la barba e vestiti puliti, già pregustava la serata con la biondina, che gli aveva fatto intendere e neppure tanto velatamente di volerlo conoscerlo più approfonditamente.
Passando davanti agli alloggi superior, quelli costosissimi, che lui non avrebbe mai potuto guardare neanche sul catalogo, il suo sguardo si posa sul terzo terrazzino fronte mare, la ragazza della piscina era tutta intenta a guardare il mare con un telo avvolto intorno al prorompente corpo, lasciando avvero poco all'immaginazione. Gae la guarda, consapevole di non essere visto, e sente crescere in lui qualcosa di molto simile all'eccitazione. Come sarebbe stringere e baciare quel corpo - pensò - ma in quel preciso istante, mentre la mente di Gae elaborava pensieri osceni, Nina si accorse di essere osservata, quasi come sentendo su di se quei pensieri accesi, tanto che sulle guance le apparve un rossore innaturale. Ancora quello – pensò - accorgendosi però, che quello sguardo lascivo le dava un certo piacere. Poi lo vide allontanarsi scuotendo la testa.
Quella sera la ragazza si preparò con maggiore cura, indossando un vestito di lino bianco, che le scendeva sul corpo mettendo in rilievo le sue forme generose e facendo risaltare la sua abbronzatura dorata; al collo mise una preziosissima collana di coralli rossi, avuta in dono dalla sua adorata nonna, della quale era orgogliosa di portare il nome. L'unica persona della sua asettica famiglia che l'avesse veramente amata. Quanto le mancava nonna Nina, accarezzò quei coralli come se stesse accarezzando il volto della nonna. Si mise un velo di lucido sulle labbra, due gocce di Hypnotique ed infine raccolse i suoi capelli rossi in una crocchia dietro la nuca. La risposta dello specchio le diede quasi un brivido, per la prima volta si piaceva, si sentiva quasi sensuale.
Gae era in ritardo e di cattivo umore. Lui era sempre di cattivo umore dopo aver parlato con i suoi genitori, quella sera una telefonata di sua madre, che come al solito gli lanciava a dosso i problemi, dei soldi che non bastavano mai e di suo padre che non la smetteva più di bere e di distruggersi la vita, aveva avuto l'effetto di uno tsunami. Aveva bisogno di scrollarsi tutta quella merda di dosso, aveva bisogno di non pensare. Entrò nella sala ristorante gremita e cercò con lo sguardo qualche volto noto, ma i suoi colleghi oramai erano quasi tutti in teatro per lo spettacolo serale e anche lui doveva muoversi se non voleva beccarsi una strigliata dal capo. La vide, era seduta ad un tavolo con una famiglia fornita di due chiassosi gemelli, decise di riempirsi un piatto e di sedersi lì. Lei mangiava un piatto di frittura, era sempre stata una buona forchetta, lo vide arrivare e d'improvviso sentì la temperatura salire e infuocare le sue guance.
Posso sedermi qui - domandò lui accennando un sorriso - lei ricambiò il sorriso e gli disse - si certo -  a lui non era sfuggito il turbamento della ragazza e decise di iniziare a chiacchierare.  Scusa ancora per oggi - disse dando un morso al suo pezzo di pizza con le melanzane. Ricordando l'accaduto di poche ore prima Nina diventò ancora più rossa, ma mantenendo una certa calma riuscì a dire - ma no figurati sono stata io un po’ troppo sgarbata - . In silenzio, ma non smettendo neppure per un istante di cercarsi con gli occhi, finirono la loro cena. A spezzare quell'incanto di sguardi ci pensò la coppia con gemelli a seguito, che, non riuscendo più tenere i due bambini ancorati al tavolo, si alzò dicendo - ciao Nina, ci vediamo in teatro, noi andiamo - , Gae rispose al saluto con un gran sorriso,  quasi grato di avere campo libero.  Ti chiami come una canzone di Concato - le disse - si - rispose lei - sono circa ventinove anni che quando mi presento a qualcuno non manca di sottolinearmi  l' assonanza del mio nome con la canzone di Concato, a me neppure piace - concluse. Lui la guardò quasi con tenerezza e le disse - invece e'  bellissima,  proprio come te - . Quel complimento così inaspettato le diede quasi un giramento di testa ma riuscì comunque a restare padrona delle sue emozioni e a rispondere - grazie -. Gae tornò in se, ritrovando la sua abituale ruvidezza e disse - ora scappo, sono già in ritardo,  ma se ho tempo all'una, quando finisco di lavorare ti porto a fare un giro. Ciao Nina - .
Lei non ebbe neppure il tempo di rispondere, che lui era già in fuga, ma questo è proprio strano, a volte sembra un lord inglese altre volte, come pochi secondi fa, un borgataro della peggiore specie. 
Quella sera nel teatro, dove ogni sera l'animazione divertiva gli ospiti con qualche spettacolo, era in programma il cabaret,  ma Nina non aveva voglia di stare in mezzo alla gente, ma non aveva neanche voglia di andare nella sua stanza, faceva caldo. Decise di fermarsi sulla piscina, davanti al bar dove qualcuno faceva piano bar. Ordinò al barista un cuba libre e tirò fuori dalla sua borsetta una sigaretta e ascoltando le note di una vecchia canzone iniziò a camminare dentro ai suoi pensieri. Doveva prendere una decisione,  non poteva più rimandare. I suoi la spingevano verso il matrimonio con Andrea, il suo fidanzato storico, architetto affermato nonostante la giovane età, ma soprattutto figlio di amici dei suoi genitori. Ma lei Andrea non lo aveva mai amato, e probabilmente neppure Andrea aveva mai amato lei. Tra di loro non c'erano slanci, non c'era passione, neppure il sesso era esaltante, in quei momenti li avrebbero potuto fare qualunque altra cosa che nessuno dei due avrebbe notato la differenza. Ma quando aveva provato ad accennare a sua madre, lei l'aveva guardata come si guarda un alieno e in un tono che non ammette repliche le aveva detto - ma cosa dici? Andrea potrà garantirti un futuro tranquillo, la passione, cara Nina e' solo una bella favola - . Ascoltando quelle parole aveva capito che sua madre non avrebbe mai potuto comprenderla fino in fondo, figuriamoci se poi le avesse raccontato di aver conosciuto una persona che le aveva raccontato che nel mondo ognuno di noi ha un anima gemella alla quale si sarebbe dovuta ricongiungere. Sua madre l' avrebbe fatta internare all'istante. Sorrise al pensiero, ma il suo in quel momento, era un sorriso amaro. Era la consapevolezza che i suoi genitori l'avevano sempre vista come una mina vagante in mezzo al loro mondo dorato. Andrea era la sicurezza di un futuro ad immagine e somiglianza della sua famiglia. Ma non era l'amore. Persino quel Gae li l'aveva guardata con più desiderio, a pensarci bene anche lei lo aveva desiderato, ma probabilmente era stato un attimo di distrazione. Non poteva certamente essere uno che fa l'animatore la sua anima gemella. E sorrise di nuovo scuotendo la testa, questa volta però la risata era un po’ meno amara, infatti pensava alla reazione di sua madre, se le avesse detto, mamma questo è Gaetano, il mio nuovo fidanzato, fa l'intrattenitore di ospiti nei villaggi turistici. Alla mamma sarebbero serviti i sali.
Gaetano si era esibito nello spettacolo, anche se con l'umore nero, era riuscito a dare il meglio di se, gli ospiti si erano divertiti e anche a lui era tornata la sua abituale grinta. Ora sulle ultime note della sigla, guardava la biondina che non aveva smesso un secondo di mangiarselo con gli occhi. Lui però cercava tra gli altri un altro volto, ma pur sforzandosi non riusciva a trovarlo e questo lo innervosiva e non poco. Finiti gli ultimi convenevoli della serata e soprattutto schivato l'assalto della biondina, Gae si diresse verso la piscina, puntando dritto verso il bar, la vide seduta ad un tavolino, con un bicchiere tra le mani, lo sguardo assente, cullata dalle note di una canzone di Vasco. Dio quanto era bella! In quel preciso istante ebbe la consapevolezza che quella notte l'avrebbe fatta sua.
Nina era al terzo giro di cuba libre e finalmente si sentiva la testa libera, aveva allontanato ogni pensiero, tutte le nubi erano svanite. Ma ad un tratto alle sue orecchie incominciarono a giungere le note di una canzone che conosceva molto bene - Nina dolce amore non aspettare me ho nel cuore una cometa se mi guardi mi vedrai - ma a cantarla non era la morbida voce di Concato. Istintivamente volse lo sguardo al pianista, ma cantare non era nemmeno lui. Poi lo vide con gli occhi piantati nei suoi, era Gae, che stava cantando solo per lei. Il suo sguardo le diede un brivido, non si era mai sentita così sopraffatta da una emozione. In quel momento senti che si sarebbe arresa a lui, qualunque cosa le avrebbe chiesto. Le note sfumarono, i pochi rimasti ancora ad ascoltare si produssero in un annoiato applauso. Gae con gli occhi carichi di desiderio disse a Nina seguimi, avviandosi lungo la stradina che portava al mare. Nina quasi stregata, lasciò passare qualche minuto, come per un tacito accordo e poi a sua volta si alzò imboccando la via che portava al mare.
Sentiva la testa che le girava e non era solo per effetto dell'alcol, era emozionata perché sapeva che quella sera le avrebbe cambiato la vita. Lo sentiva dentro lo stomaco, la sua anima vibrava come non aveva mai fatto.
La notte era fitta ma le stelle brillavano forte, regalando un'atmosfera quasi magica. Gae si era seduto su di un muretto basso, sperando che lei avesse compreso il suo invito. Per la prima volta si sentiva in imbarazzo, eppure di avventure ne aveva avute tante, poi nei villaggi era quasi la regola. Ma sarebbe stata un'avventura? E se lei non fosse venuta, ma proprio mentre formulava questo pensiero senti  dei passi incerti che scricchiolavano sulla ghiaietta.
Ma dove sta questo? Pensò Nina. Quando sentì provenire dell'oscurità una voce -ehi sono qui - lo vide seduto su quel muretto basso con le mani appoggiate sulle ginocchia.  Le stava sorridendo in modo tanto disarmante che le sembrò di sentire le gambe molli. Ciao - gli disse Nina - e con il cuore che batteva a mille aggiunse - grazie per la serenata mai nessuno lo aveva fatto per me - e dicendo queste parole era arrossita come una scolaretta davanti alla maestra. Per fortuna che è buio e non può vedermi, pensò. 
L'ho fatto perché mi andava e mi piaceva farlo - sussurrò lui - e poi le disse andiamo a fare una passeggiata ti porto a vedere un posto, vuoi?
Con te verrei anche all'inferno, avrebbe voluto rispondere Nina, ma si limitò a rispondere si andiamo, lui si alzò in piedi e come se fosse stata la cosa più naturale del mondo le imprigionò la mano nella sua. A quell'innocente contatto Nina vibrò e Gae se ne accorse e finalmente si rilassò.
Camminarono sulla sabbia resa fresca dalla notte, avevano tolto le scarpe, intorno a loro solo silenzio ad eccezione dello sciabordio delle onde, che sembrava aver quasi paura di disturbare. Ad un certo punto, davanti ad una insenatura, delimitata naturalmente da uno scoglio piatto, Gae si fermò e disse  - qui scorre una sorgente di acqua dolce, se metti i piedi dentro la puoi sentire scorrere fredda sulla tua pelle - e così dicendo la fece accostare all'insenatura. Nina immerse i suoi piedi nell' acqua, ma il freddo troppo intenso la fece barcollare, facendole perdere l'equilibrio.  Gae la vide vacillare e subito fu pronta a stingerla tra le sue braccia per non farla cadere. Il contatto con quel corpo caldo lo inebriò senza pensare troppo la baciò. La baciò con passione e trasporto,  come se quello fosse l'ultimo istante della sua vita. Lei rispose a quel bacio, senti' la vita scorrere, come forse non le era mai successo prima e quando la mano di lui le toccò i seni il suo ventre si fece liquido.
Sentiva che le sue mutandine si stavano bagnando a contatto con l'eccitazione di lui che le premeva a dosso. Nina non capiva più nulla, non sapeva più nulla, il tempo e lo spazio erano annullati, l'unica certezza che aveva era che voleva che lui la prendesse li, su quella sabbia che sapeva di mare. Che sapeva di vita... Continua...

Leggi altre notizie su Alto Molise
Condividi su: