Il 22 novembre del 1963, John Fitzgerald Kennedy venne ucciso mentre il corteo presidenziale attraversava le strade cittadine di Dallas. A 58 anni da quella tragica giornata che sconvolse le coscienze di mezzo mondo, l'eredità culturale di Kennedy continua ad essere attualissima. In particolare c'è una frase famosissima di un suo discorso che vale più di ogni cosa, ora che una massa indistinta di uomini e donne intendono affermare il loro individualismo e il loro egoismo scagliandosi in modo incongruo e irragionevole non contro lo Stato, inteso nei suoi organi istituzionali e costituzionali, bensì contro una intera comunità internazionale. Disse Kennedy, colpendo al petto tutti coloro che stavano ascoltando: Non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per paese.
La comunità italiana, nella stragrande maggioranza, ha capito il problema e se n'è fatta carico, esprimendo una motivazione sociale lucidissima: la salute come Bene Comune. Si è resa conto che ognuno di noi può, e dunque deve, fare la differenza, vincere resistenze e paure, ragionare in termini di società, di affidamento al Sistema Sanitario Nazionale che ha dimostrato, nell'emergenza, di marciare sulle gambe di persone motivate eticamente ancor prima che tecnicamente. Non sono stati su, a pensarci troppo, i vegliardi della prima fase, che si son seduti sulla sedia vaccinale forse per la loro ultima battaglia civile dopo le devastazioni della guerra, e le speranze della ricostruzione. Forgiati da esperienze nefaste legate a morbillo, tifo, colera, poliomielite, tubercolosi, tutte malattie vinte con i vaccini, hanno affrontato la sfida della pandemia con gli stessi valori con cui hanno rifondato l'Italia del secondo dopo guerra. Vicino a loro i nonni che si sono vaccinati per poter continuare a stare vicino ai nipoti mentre i figli lavorano, quelli che si occupano dei pasti caldi ai senza fissa dimora, o degli asili notturni, e ancora chi redige sotto il sole i pezzi di carta negli Hub vaccinali per quelli che non ce la fanno da soli a rispondere alle tante domande. Senza dimenticare giovani e meno giovani desiderosi di poter continuare a fare l'amore senza patemi d'animo.
Di contro, c'è una massa indistinta di uomini e donne che dovrebbero essere fieri di poter la parte operativa della ripartenza del Paese e che invece sono avvinghiati in una sorta di disimpegno civile. La massa è chiaramente indistinta: ci sono coloro che hanno effettivamente, realmente paura del vaccino, di cosa contiene, dei suoi effetti futuri, una paura ancestrale difficile da estirpare e di cui si deve aver rispetto, salvo contrastarla psicologicamente in ogni forma, sempre nell'ottica del bene Comune. Ma, va detto, che questa parte è minima, infinitesimale. La parte della massa che si fa miserevolmente scudo di quelle paure ha, invece, altre motivazioni: sono motivazioni politiche, economiche, ideologiche psicoanalitiche. Trattasi degli stessi che nel 2020 cantavano dai balconi e – a parole – si dichiaravano pronti a sostenere in ogni modo i sanitari impegnati a salvare la vita dei loro familiari.
Politicamente tendono a creare problemi al Governo e all'attuale maggioranza, per sottrarre consensi. Economicamente, tendono a ricattare aziende e lo stesso governo per ottenere vantaggi economici, barattando problemi sanitari di una intera comunità per pochi spiccioli o piccoli vantaggi contrattuali. Ideologicamente, contestano la consistenza democratica dei provvedimenti sanitari (vaccinazione) e di quelli conseguenziali (green-pass), parlando di dittatura sanitaria, libertà confiscate, profili di incostituzionalità, violazione della privacy e l'istituzione indiretta di un obbligo vaccinale. Psicoanaliticamente, sono travagliatamente vedove del Governo Conte.
Tutte queste reazioni politiche, economiche, ideologiche e psicoanalitiche non hanno ragion d'essere, sia per questioni costituzionali (nessuna libertà è compromessa) sia per una esigenza superiore quale quella che un Paese come l'Italia ha di fronte a sé: poter ripartire, ridare lavoro a milioni di italiani che la pandemia ha estromesso dal ciclo lavorativo, ridare speranze agli anziani sulle loro pensioni, ridare gioia ai ragazzi di poter tornare a vivere serenamente.
Enzo C. Delli Quadri
P.S. A chi sostiene che lo Stato paga i vaccini per tutti, anche con i soldi dei non vaccinati, e pertanto dovrebbe pagare anche i tamponi per tutti, rispondo che il vaccino preserva dalla malattia, il tampone, no. Il Vaccino è una cura preventiva, il Tampone è solo un termometro.