Sotto la maestosa Cattedrale dei Santi Nazario, Celso e Vittore, batte un cuore antico e silenzioso: la Cripta di San Casto, autentico tesoro nascosto di Trivento. Scoperta nel 1928 da Mons. Adinolfi, questa straordinaria testimonianza del passato custodisce secoli di storia, culto e trasformazioni.
In origine, il luogo ospitava un tempio pagano dedicato alla dea Diana, simbolo della caccia. Con la diffusione del Cristianesimo, tra il IV e il V secolo d.C., l’antico tempio fu trasformato in oratorio per accogliere le reliquie del martire San Casto, secondo la tradizione primo vescovo della diocesi triventina. Col tempo, il luogo subì nuovi adattamenti, venne abbandonato e infine utilizzato come cimitero, conservando però intatta la sua aura di sacralità .
La struttura è unica nel suo genere, articolata in sette navate sostenute da sedici colonne romane riutilizzate, alcune delle quali poste capovolte – forse a simboleggiare la vittoria del Cristianesimo sul Paganesimo. Proprio questa particolare suddivisione a sette navate accomuna la cripta triventina ad altri capolavori dell’architettura sacra, come la Cripta di Sant’Emidio ad Ascoli Piceno e quella di San Miniato al Monte a Firenze, esempi di una concezione spaziale antichissima e di grande suggestione.
Nel silenzio della cripta si conservano anche preziosi reperti di epoca romana, che raccontano la continuità del luogo nel passaggio dal culto pagano a quello cristiano. Tra questi, un’epigrafe in latino incisa su un blocco calcareo riutilizzato come base di un pilastro richiama la dedica originaria del tempio a Diana; un’altra iscrizione, incisa su una stele funeraria romana ora alla base dell’altare, allude invece al patrono del municipio romano di Trivento. A completare questo straordinario mosaico di testimonianze, due tratti di muro in opus reticulatum emergono nella parete sinistra.
Sull’altare si ammira una lunetta in pietra del XIII secolo che raffigura la Trinità affiancata da due angeli e due delfini, simbolo di vita eterna e redenzione: un dettaglio di grande finezza che lega la devozione medievale alla memoria dei secoli precedenti. A impreziosire le volte e le pareti resistono ancora affreschi di scuola bizantina – una suggestiva Crocifissione, la figura di un monaco e quella di un giovane diacono – testimonianze rare che offrono uno sguardo emozionante sulla spiritualità e sull’arte dei primi secoli cristiani.

Accanto alla cripta, un piccolo ambiente accoglie le spoglie di tre vescovi della diocesi: Mons. Perchiacca (1832-1836), Mons. Terenzio (1837-1854) e Mons. Crivellari (1958-1966). Un segno tangibile della continuità tra passato e presente, tra le radici della fede e la vita della comunità triventina.
Visitare la Cripta di San Casto significa scendere nel profondo della storia, ma anche risalire verso la luce della spiritualità . Un’esperienza che intreccia archeologia, arte e devozione, nel luogo dove – da secoli – il tempo incontra la fede.

