Pubblichiamo, di seguito, l'intervento di Errico Borrelli, sindaco del Comune di Belmonte del Sannio e commissario liquidatore della soppressa Comunità Montana Alto Molise di Agnone, inerente il rimborso delle spese legali agli amministratori e il delitto di abuso d'ufficio.
La recente sentenza della Cassazione penale, Sez. VI - n. 604 del 27/3/2013, fornisce importanti indicazioni in ordine al rimborso delle spese legali per la liquidazione delle quali un amministratore non si era astenuto in quanto la stessa interessava anche se medesimo.
Questi i fatti:
In data 18/2/2011 il P.M. del Tribunale di Isernia chiedeva al GIP l’archiviazione del procedimento per il reato di abuso di ufficio nei confronti di un amministratore e del segretario della C.M. “Alto Molise” in ordine alla liquidazione di spese legali. Il P.M. aveva sostenuto che la liquidazione dei compensi anche nei confronti del dr. B. e ing. M. era avvenuta nel rispetto della normativa, che prevedeva per l’Ente l’assunzione a proprio carico di ogni onere di difesa nei confronti del dipendente per fatti connessi all’espletamento del servizio.
Il GIP, con ordinanza del 13/12/2011, disattendeva quindi la richiesta di archiviazione, sul presupposto che l’art. 67 del DPR 268/87 statuiva la rimborsabilità delle spese legali soltanto nei confronti del dipendente dell’Ente e non anche nei confronti dei suoi amministratori, e disponeva pertanto che il PM formulasse una imputazione coatta a carico del dr. B. e dell’ing. M. affinché, in concorso fra loro, rispondessero del reato di abuso ex 323 c.p.
Il GUP dello stesso Tribunale, con sentenza n. 70/2012, dichiarava il non luogo a procedere nei confronti dei predetti perché “il fatto non sussiste”, difettando uno degli elementi materiali del reato, ovvero l’ingiustizia e l’ingiusto vantaggio patrimoniale, risultando legittimamente spettante il rimborso delle spese legali anche per l’amministratore. Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di Appello di Campobasso proponeva ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza, poiché a suo parere vi era stata inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché l’inesatta valutazione delle risultanze istruttorie.
La Suprema Corte, all’udienza del 27/3/2013, ha rigettato il ricorso del Procuratore Generale di Campobasso ritenendolo infondato e la conforme richiesta dello stesso Sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione, sulla base delle stesse considerazioni del GUP dr. Antonio Ruscito e ha dettato le seguenti importanti indicazioni:
a) anche in presenza della violazione del dovere di astensione il reato di abuso è integrato soltanto laddove concorra anche un ingiusto vantaggio patrimoniale o un danno ingiusto, indipendentemente dalla violazione di detto dovere di astensione;
b) l’illecito si realizza ove ricorra un atto amministrativo illegittimo e un risultato di vantaggio parimenti illegittimo;
c) l’indagine del giudice deve riguardare specificamente i due punti e non è nemmeno possibile dedurre l’illegittimità della condotta dall’asserita palese ingiustizia del vantaggio patrimoniale;
d) l’ingiusto vantaggio patrimoniale, necessario per l’oggettiva configurabilità dell’abuso d’ufficio, deve risultare come conseguenza diretta della condotta abusiva.
La Corte ha così ritenuto che la sentenza del dr. Ruscito aveva fatto buon governo di dette regole ed aveva altresì correttamente argomentato la sentenza, dal momento che il rimborso delle spese legali spettavano sia al dipendente che all’amministratore, come da conforme orientamento giurisprudenziali all’epoca dei fatti, circostanze, queste, che avrebbero determinato la carenza, non colmabile in sede dibattimentale, del necessario profilo soggettivo del contestato delitto.
La vicenda così, frutto di numerosi esposti e denunce da parte di tale Iacovone Albino può dirsi definitivamente conclusa, con viva soddisfazione per gli imputati e i loro difensori avv.ti Giuseppe Marinelli, Lucio Epifanio e Alfonso Tagliamonte per una decisione che ha verificato la corretta applicazione delle norme del diritto da parte del giovane ma valente magistrato del Foro isernino.