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Editoria, Ruggiero sul precariato: Colpa di noi giornalisti che scriviamo per due euro a pezzo

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Continua la ricerca di storie da precariato. Questa volta risponde alle domande Giovanna Ruggiero. Ha cominciato quasi per caso, seguendo lo sport per una televisione locale prima di iniziare a collaborare con un programma di approfondimento politico, mandato in onda dalla stessa rete. A quel punto la Ruggiero è passata alla carta stampata dove ha iniziato la sua carriera occupandosi di politica.

Lei è iscritta all’ordine dei pubblicisti e opera nel settore da un po’. Che cosa pensa dell’editoria?
“Per capire come funziona il sistema ho impiegato qualche anno, ma ora ho un'idea precisa. A volte mi viene da sorridere quando sento parlare di stampa libera perché in realtà la stampa ‘libera’ non esiste. Le notizie si scelgono. Ogni testata, sia a livello locale che nazionale, segue logiche di mercato che portano ad approfondire temi legati più a questo che a quello schieramento. In realtà ogni lettore, per avere chiare le cose, dovrebbe leggere due quotidiani completamente agli antipodi. Questo non vuol dire che non c'é libertà. Un famoso giornalista diceva che il problema non é la mancanza di libertà ma l'assenza di uomini liberi. Nel giornalismo non c'é spazio per la fantasia. Tutto deve essere documentato. L'aspetto più importante infatti é che i giornalisti che operano abbiano etica professionale, ossia scrivano notizie documentate e certe.”

Oggigiorno molti giovani decidono di intraprendere questa carriera. Cosa consiglierebbe a tutte le nuove leve? Conviene immettersi in questo settore?
“Se lo si fa per passione, sì. Senza ombra di dubbio. Soprattutto se si ha nel Dna la curiosità per la ricerca. Alla base del lavoro del giornalista dovrebbe esserci sempre la voglia di chiedere e chiedersi "perché". Si deve aver voglia di scoprire, analizzare, descrivere. Il che soprattutto ai politici piace poco. Il mestiere del giornalista ha un'importanza fondamentale nella vita di una società. Soprattutto dal punto di vista politico. Il giornalismo é la sentinella di chi governa, sia della maggioranza che della opposizione. Non a caso viene definito il quarto potere dopo i tre sanciti dalla Costituzione (legislativo, esecutivo e giudiziario). Purtroppo però quello del giornalista viene visto più come un hobby che come un lavoro serio. Della serie: fare il giornalista è sempre meglio che lavorare. Non lo consiglierei se prendessi in considerazione la situazione in cui bisogna svolgere questo lavoro.”

Bartolomeo, in una sua intervista a questa stessa testata, accusava la legge editoriale regionale come la radice dei problemi, se non tutti, in questo settore. In base a quanto ha potuto apprendere, lei concorda?
“In parte. È vero, infatti, che la legge sull'editoria dovrebbe essere più severa e imporre maggiori paletti. Insomma, non si può avere una testata da due o tre anni e accedere al finanziamento pubblico sic et simpliciter. Ci dovrebbe essere maggiore garanzia per i lavoratori non basta pensare agli editori. Però c'é anche la malafede degli imprenditori che operano nel settore. Se una testata ha accesso ai fondi pubblici e non li utilizza nel giornale, se i dipendenti non hanno un contratto giornalistico serio, se non vengono pagati per mesi (anche a dodici), beh, lì la colpa é non solo della legge troppo permissiva, ma anche degli editori. E un po' di responsabilità é anche di chi fa questo mestiere, me compresa. Piuttosto che fare fronte comune contro questo sistema i giornalisti viaggiano in solitudine, ognuno pensando a tutelare la propria situazione personale. Il risultato però é che stiamo più o meno tutti sulla stessa barca, continuiamo a dare colpe alla politica chiudendo gli occhi sulla realtà dei fatti. Se ognuno di noi si rifiutasse di lavorare per 2 euro a pezzo, se ognuno di noi la smettesse di fare l'addetto stampa del politico scrivendo in contemporanea su un giornale, se ognuno di noi pretendesse la giusta paga per fare solo il proprio lavoro, e magari tentando di farlo pure bene, forse ad una mediazione si sarebbe già arrivati. Invece anche all'interno delle redazioni a volte si é chiuso gli occhi sui colleghi in situazioni meno fortunate. Della serie: se io ho un contratto e il collaboratore in attesa di tesserino non viene pagato, sto zitta. Tanto i soldi io li prendo. Non capendo che alla fine nella situazione del lavoratore ci si ritrova anche il giornalista, direttore o codirettore che aveva la busta paga di tutto rispetto secondo la legge. La "rivoluzione" di oggi é un po' come quelle del passato: inizia per strada e finirà a tavola.”

La colpa è un po’ di tutti allora.
“ Be’ si e non aiuta la mole di iscrizioni all'Ordine. Troppe persone che con il giornalismo non c'entrano davvero nulla si iscrivono all'ordine. Tra un po' in Molise ci saranno più giornalisti che abitanti.”

Quali prospettive ci sono in futuro per l'editoria?  Si intravede un futuro più roseo?
“Se avessi la sfera di cristallo per prevedere il futuro, avrei anche già detto la mia sulla soluzione. Spero che sia più roseo, questo é certo. Sia dal punto di vista legale per gli operatori del settore, che per quanto riguarda la legge dell'editoria, o ancora per quanto concerne i rapporti tra informazione e politica.

E lei invece? Cosa pensa di fare della sua carriera?
“Non lo so. Continuare a lavorare in queste condizioni é difficile. Il problema é che in questo periodo se si guarda ad altri settori le difficoltà non diminuiscono. Ormai é diventato impossibile anche cercare un lavoro come donna delle pulizie o come bracciante nei campi. Finché avrò la forza di resistere lo farò. Qualche sogno nel cassetto lo custodisco ancora. Al momento stringo i denti e vediamo cosa ci prospetta il futuro. L'unica cosa certa é che finché farò questo lavoro continuerò a guardare e descrivere cosa succede in Molise, a chiedermi il perché di alcune decisioni, a scavare notizie per raccontare ai lettori anche ciò che non si sa".

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