Si racconta senza peli sulla lingua Vincenzo Cimino, consigliere nazionale dell’ordine dei giornalisti Molise e vice presidente della Commissione giuridica. Ha una carriera di tutto rispetto alle spalle, un background variegato che è cominciato a soli 18 anni quando Cimino cominciò a scrivere per ‘Nuovo Molise’ con Sardelli e Sorbo direttori. Nel 1998, tesserino da pubblicista alla mano, è il momento di passare al ‘Quotidiano del Molise’, una collaborazione che va in contemporanea a quella con Tele Radio Campobasso. Seguono poi altre collaborazioni prima di giungere a Roma: “Lì riesco a fare un praticantato a ‘Linea’ e poi Area, dove lavoro con professionisti come Rauti, Pescatore, Fini, Cabona, Accame, De Angelis e altri ancora” inizia a spiegare il consigliere proseguendo “poi sono tornato in Molise dove, primo professionista della regione dalla nascita dell’Ordine nel 2004, per esigenze personali ho dovuto fare marcia indietro e rinunciare al mio sogno e scendere a compromessi con la vita.”
Al contrario di quanto si crede, dunque, lei conosce il precariato?
“Certo! Tornato da Roma, aspettavo un figlio e lì ho capito che non potevo più fare il cretino e aspettare che mi pagassero una miseria. Ho usato i miei titoli e mi sono buttato sull’insegnamento. Come dicevo poco fa, sono sceso a compromessi prima con me stesso e poi con l’informazione. Oggi, detto tra noi, penso al giornalismo come un di più e mi dà molto fastidio perché vi ho dedicato tutta la mia vita”.
Perché esiste il precariato nel settore editoriale?
“Personalmente, descrivo questo problema come un tumore: tutti lo conoscono ma non riescono a guarirlo. Diciamo che non si possono attribuire le colpe ad un solo fattore. Oggi c’è una crisi economica da far paura e la prima cosa su cui si taglia, quando mancano i soldi, è il giornale. Di conseguenza calano le vendite e gli inserzionisti non comprano più spazi. Gli enti, invece, destinano sempre meno fondi ai settori delle comunicazioni.”
Sintetizza con estrema precisione Cimino per poi concludere “Ci si aggiunga il fatto che chiunque possegga uno smartphone crede di essere un fotografo professionista e chiunque abbia un blog si avvale illegalmente del titolo di giornalista. Questa è la situazione, allo stato attuale. Soluzioni, così, su due piedi non ci sono.”
La faccenda è complessa, questo è certo. Ma cosa può fare l’ordine dei giornalisti?
“Qui io vorrei fare una domanda a tutti i colleghi: che tipo di ordine volete? Pensateci bene: se un avvocato, un medico, un architetto non ha clienti, non va a Campobasso a lamentarsi all’ordine. Se un ingegnere non ha case da progettare, l’ordine non mi pare lo aiuti in nessun modo. L’Odg è un ente di diritto che nasce per regolamentare una categoria. Tutto qui. Dovete scegliere voi: che tipo di ordine volete? Un organizzazione poliziesca che venga in ogni redazione a controllare tutti i contratti? È possibile fare questo ma si rischierebbe di peggiorare la situazione. Ad ogni modo è vero che ci siano alcune lacune, ma la bacchetta magica non ce l’abbiamo. Potremmo rischiare di far perdere quel poco che per tanti colleghi rappresenta il sostentamento.”
Per esempio?
“Tenete presente che l’odg Molise è nato grazie anche a me e nella casa del presidente pro tempore Feole. È frutto di sforzi di colleghi che hanno tentato di tutelare al meglio la categoria. Al giorno d’oggi quest’ordine vi costa solo 100 euro all’anno. Non è poi così tanto. Di denaro non ne resta molto, tolte le spese. Ammetto, tuttavia che si potrebbe fare di più e lo faremo. Dall’anno prossimo ci sarà un nuovo sito internet più funzionale. Avremo una segreteria aperta tutto il giorno e, soprattutto, ci stiamo preparando per fare della formazione in itinere per gli iscritti.”
Si prospetta qualche novità, allora. Ha qualche consiglio per i giornalisti?
“Eliminare l’ordine, come molti consigliano, non è un qualcosa che si fa da un giorno all’altro. Prima di affermare queste cose pensate che in Italia gli ordini provengono da lotte di lavoratori durate per mesi. Il nostro è un organismo che tutela una professione. Ci sono delle modifiche da apportare: le procedure per l’accesso sono discutibili, è vero, comunque non è questo il problema. I giornalisti hanno ancora molto potere, tante cose che si possono fare” consiglia Cimino “Prima di lamentarsi perché le vendite di questa o quella pubblicazione stanno scendendo, dovreste chiedervi: perché il mio giornale ha perso lettori? E, soprattutto, cosa posso fare per attirarne altri? Dovete pensare al lettore: dare un prodotto di qualità che si distacchi dalla massa e che non sia un semplice copia e incolla di dispacci di agenzia. Inoltre, invito tutta la categoria alla compattezza. Solo così invertirete il processo. Cominciamo ad applicare la carta di Firenze…ad esempio.”
Nei mesi precedenti, lei è stato ampiamente criticato a mezzo stampa dai suoi colleghi. Le andrebbe di rispondere?
“Non saprei da dove cominciare. Partiamo dal mio stipendio da sceicco. Sono state dette assurdità su quanto guadagna un consigliere nazionale dell’ordine e vorrei scoprire gli altarini. Gli introiti di un consigliere sono connessi alle sue presenze nelle sedute che si tengono a Roma, un gettone di presenza. Ora, siccome il mandato va assolto, ho un introito annuo tra i 900 e i 1500 euro. Per quanto riguarda i rimborsi la faccenda è ancora più semplice: noi consiglieri siamo chiamati ad intervenire alle riunioni a Roma e, dunque, la trasferta ha un costo. Quello che possiamo fare noi è farci fatturare i costi per poi avere un rimborso con ricevute alla mano. Abbiamo dei limiti però. Innanzitutto possiamo essere rimborsati solo noi consiglieri: per esempio, se trovassi un collega in un bar e gli offrissi un caffè, naturalmente avrei indietro solo i soldi per un caffè ovvero il mio. Infine, abbiamo un tetto massimo: possiamo spendere massimo 250 euro al giorno o, qualora il pranzo fosse offerto dall’ordine a causa del protrarsi di un assemblea, solo 200. State a Roma con pranzo, cena e hotel e vedete da soli".
Infine,” conclude l’intervistato “rispondendo a qualche sindacalista che si rivolge nei confronti di persone, in termini che si commentano da soli, mi permetto di dire questo: io non ho mai fatto sindacato e non mi sono mai candidato all’ordine perché rischiavo il trasferimento o per altre esigenze personali. Ho chiesto legalmente il voto ai colleghi per difendere la nostra categoria e l’ho avuto il modo straordinario da 6 anni a questa parte. In ultimo inviterei coloro che tanto parlano delle situazioni personali e dei contratti altrui, di dire apertamente come siano entrati nella loro azienda editoriale, quale concorso abbiano vinto e a quanto ammonti il proprio imponibile. Invito chiunque a candidarsi contro di me, sia nei professionisti come nei pubblicisti e vediamo questa rappresentanza quanto vale. D’altra parte, se su 600 persone, parla chi ne rappresenta 120, è poco utile dargli retta”.