Dal 22 genÂnaio è visiÂbile sul sito del miniÂstro della CoeÂsione TerÂriÂtoÂriale «La StraÂteÂgia NazioÂnale per le Aree interne». La StraÂteÂgia, lanÂciata dal ex miniÂstro FabriÂzio Barca più di un anno fa, oggi cominÂcia a muoÂvere i primi passi con un proÂgetto pilota. A queÂsto proÂpoÂsito su queÂsto giorÂnale ha scritto Piero BeviÂlacÂqua: «Si tratta di un proÂgetto che, per visione e modo di proÂceÂdere, si distacca netÂtaÂmente dal modello di sviÂluppo ecoÂnoÂmico tardo-novecentesco rapÂpreÂsenÂtato dalla Tav… Sono due strade oppoÂste e culÂtuÂralÂmente inconciliabili».
Cosa sono le aree interne?
Le aree interne sono le zone geoÂgraÂfiÂche del nostro paese meno serÂvite dai serÂvizi pubÂblici, indiÂviÂduate attraÂverso degli indiÂcaÂtori che misuÂrano la lonÂtaÂnanza dei terÂriÂtori da scuole, ospeÂdali, staÂzioni, in terÂmini di distanza e ragÂgiunÂgiÂbiÂlità . CoinÂciÂdono con quelle aree che, dall’inizio dell’età induÂstriale, perÂdono popoÂlaÂzione a favore delle città , dei fonÂdoÂvalle, della costa. Si tratta quasi escluÂsiÂvaÂmente di regioni monÂtuose il cui paeÂsagÂgio porta le tracce di un secoÂlare sfrutÂtaÂmento intenÂsivo di acqua, risorse mineÂraÂrie, patriÂmoÂnio boschivo. Oggi in queÂsti luoÂghi si sopravÂvive sopratÂtutto graÂzie ai traÂsfeÂriÂmenti pubÂblici, le penÂsioni, l’impiego nelle minuÂscole strutÂture dell’amministrazione pubÂblica locale, e a picÂcole attiÂvità ecoÂnoÂmiÂche; aree omoÂgeÂnee dal punto di vista sociale e scarÂsaÂmente conÂflitÂtuali. Non sono necesÂsaÂriaÂmente povere, ma in tutte i beni pubÂblici scarÂsegÂgiano e sono malÂriÂdotti, gli ospeÂdali sono lonÂtani, le scuole vuote, le donne non lavoÂrano, gli uomini praÂtiÂcano un penÂdoÂlaÂriÂsmo che assoÂmiÂglia a una forma di emiÂgraÂzione, i gioÂvani che posÂsono vanno a stuÂdiare fuori e non tornano.
TerÂriÂtori in movimento
A guarÂdarle con magÂgiore attenÂzione, le aree interne non sono tutte uguali. In alcune l’emigrazione appare come un fenoÂmeno fisioÂloÂgico, di rieÂquiÂliÂbrio natuÂrale, e a fronte di citÂtaÂdini che se ne vanno, si molÂtiÂpliÂcano le tracce di nuovi arrivi. Si tratta per lo più di gioÂvani, con espeÂrienza di lavoro e stuÂdio matuÂrate altrove, impeÂgnati nella costruÂzione delle conÂdiÂzioni mateÂriali della loro vita, come nuovi coloni, in luoÂghi dove non esiÂstono opporÂtuÂnità di lavoro. QueÂste aree interne sono forÂtuÂnate se i citÂtaÂdini sono in grado di orgaÂnizÂzarsi, di proÂmuoÂvere una classe diriÂgente nuova, nel tenÂtaÂtivo di conÂtraÂstare i mecÂcaÂniÂsmi che li conÂdanÂnano, e offrire una visione alterÂnaÂtiva di futuro.
RimanÂgono comunÂque terÂriÂtori fraÂgiÂlisÂsimi: per inneÂscare un proÂcesso di deserÂtiÂfiÂcaÂzione di un’intera area basta che il numero di bamÂbini non sia più sufÂfiÂciente ad aprire una prima eleÂmenÂtare, che chiuda una scuola, che muoia la carÂtoÂliÂbreÂria che viveva della scuola, e così via.
La StraÂteÂgia prova a punÂtare su queÂste aree in moviÂmento, in una logica di rieÂquiÂliÂbrio dei serÂvizi e di proÂmoÂzione dello sviÂluppo e del lavoro. E prova a interÂveÂnire in maniera nuova, andando a racÂcoÂgliere sui terÂriÂtori le dinaÂmiÂche nate dalla colÂlaÂboÂraÂzione fra citÂtaÂdini e ammiÂniÂstraÂzioni, accomÂpaÂgnando quelle più proÂmetÂtenti, traÂsforÂmando i conÂflitti in laboÂraÂtori verso nuove modaÂlità di relaÂzione fra istiÂtuÂzioni e abitanti.
I terÂriÂtori muti
Ci sono poi le aree interne all’apparenza dispeÂrate, terÂriÂtori muti, dove il dreÂnagÂgio conÂtiÂnuo di uomini e attiÂvità ecoÂnoÂmiÂche proÂduce smarÂriÂmento, subalÂterÂnità , assenza di futuro. La prima cosa che colÂpiÂsce, muoÂvenÂdosi in queÂste aree, non è la manÂcanza di serÂvizi, ma l’incapacità da parte di chi le abita di espriÂmere bisoÂgni e rivenÂdiÂcare diritti, anche i più eleÂmenÂtari. Sono luoÂghi dove si impara la lezione amara che più la gente viene striÂtoÂlata, meno reagisce.
Qui l’azione della StraÂteÂgia ha un altro segno, e si muove in disconÂtiÂnuità rispetto a quello che è stato fatto negli ultimi vent’anni di «sviÂluppo locale». Punta a porÂtare o a rafÂforÂzare i serÂvizi pubÂblici, proÂmuoÂvendo la loro gestione assoÂciata fra i comuni e una riorÂgaÂnizÂzaÂzione della spesa ordiÂnaÂria dei miniÂsteri, metÂtendo al cenÂtro interÂventi su scuola, sanità , infraÂstrutÂture, messa in sicuÂrezza del terÂriÂtoÂrio, creando conÂcrete opporÂtuÂnità di lavoro: in praÂtica opera sulle preÂconÂdiÂzioni per inverÂtire il proÂcesso di impoÂveÂriÂmento umano e materiale.
Dalle aree interne a una nuova politica
QueÂsta prima fase della StraÂteÂgia necesÂsita della messa a punto di nuovi struÂmenti di ascolto del terÂriÂtoÂrio, con una approcÂcio che si avviÂcina a quello del civil serÂvant inglese, per cui gli uffici, piutÂtoÂsto che essere ingraÂnaggi di una catena gerarÂchica di poliÂtiÂche scelte dall’alto, si ponÂgono al serÂviÂzio del citÂtaÂdino, inteso come committente.
InolÂtre, la StraÂteÂgia interÂroga proÂfonÂdaÂmente anche la poliÂtica. Il tema dello sviÂluppo sociale ed ecoÂnoÂmico delle aree interne è, infatti, intrecÂciato a quello della traÂsforÂmaÂzione delle strutÂture deciÂsioÂnali, ecoÂnoÂmiÂche e sociali del paese. Il modello demoÂcraÂtico rapÂpreÂsenÂtaÂtivo traÂdiÂzioÂnale, fonÂdato sul peso eletÂtoÂrale dei terÂriÂtori, conÂtriÂbuiÂsce a marÂgiÂnaÂlizÂzare, nei proÂcessi deciÂsioÂnali e nell’attenzione pubÂblica, le aree scarÂsaÂmente popoÂlate; è tempo, anche per lo Stato, di fare i conti con le nuove forme semÂpre più difÂfuse di attiÂviÂsmo delle istiÂtuÂzioni locali e dei citÂtaÂdini, alle quali troppo spesso si risponde solÂtanto con la repressione.
ProÂprio per queÂsti motivi siamo difronte a un’operazione non facile che già trova resiÂstenze negli inteÂressi dei renÂtiers locali, coloro che beneÂfiÂciano delle conÂdiÂzioni di marÂgiÂnaÂlità delle aree interne, e di strutÂture forÂteÂmente conÂserÂvaÂtive all’interno della stessa PubÂblica ammiÂniÂstraÂzione. Per avere sucÂcesso, la StraÂteÂgia deve avere le fatÂtezza di una poliÂtica allo stesso tempo induÂstriale e di tutela, meno diriÂgiÂsta e meno locaÂliÂsta; deve essere ragioÂneÂvole, in grado di fare i conti con la scarÂsità di risorse, ma ambiÂziosa, punÂtando a inverÂtire un trend secoÂlare di spoÂpoÂlaÂmento, riaÂprendo un dibatÂtito pubÂblico in grado di conÂtraÂstare l’immagine di resiÂduaÂlità che ha guiÂdato le poliÂtiÂche di sviÂluppo su queÂsti territori.