Partecipa a Alto Molise

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

#CoglioneNo: Mai svendere il proprio lavoro intellettuale

L'intervista ai promotori della campagna di sensibilizzazione contro lo sfruttamento del lavoro creativo

Condividi su:

È trascorsa qualche settimana da quando abbiamo deciso di pubblicare il primo dei tre video-clip della campagna #CoglioneNo, pensata per difendere tutti quei creativi che giorno dopo giorno si sentono dire “È un’ottima opportunità! Farai esperienza e otterrai visibilità solo che devo avvertirti: per questo progetto non c’è budget!”
Il lavoro intellettuale viene, giorno dopo giorno, screditato e migliaia di creativi (giornalisti inclusi, ndr) sono ormai stufi di sentirsi rifilare queste frasette vuote con le quali, sarebbe bene ricordare, l’affitto non lo si paga.
I ragazzi di Zero hanno dato voce ai problemi dei creativi e Altomolise.net ha deciso, a sua volta, di concedere uno spazio a questi giovani.


Qualche settimana fa abbiamo linkato il vostro video. Ora è giunto il momento delle presentazioni: chi siete? Cosa fate?
“Siamo Stefano De Marco (25) Niccolò Falsetti (26) e Alessandro Grespan (30), in arte ZERO, perché il mondo è finito e non ce ne siamo accorti […] come recita il nostro manifesto. Cosa facciamo lo lasciamo decidere a voi! Siamo sicuri che ci inquadrerete visitando il nostro sito!” (http://zerovideo.net/)

È chiaro che il vostro progetto sia figlio delle vostre esperienze personali. Qual è stato l'episodio più memorabile in cui vi è stato detto: "per questo progetto non c'è budget."?
“Forse uno memorabile non c’è. E’ stata più che altro l’unione di tanti e tanti lavori e lavoretti per i quali ci sentivamo rifilare la stessa frase che ormai è diventata il tormentone invernale 2013-2014 ‘per questo progetto non c’è budget’”.

Anche nel mondo del giornalismo, soprattutto in quello on line, ci si confronta tutti i giorni con esperienze simili alla vostra. Vi siete fatti un'idea sul mondo dell'informazione on line?
“Da dove potrebbero arrivare i fondi per coprire il famoso budget e magari pagare anche i giornalisti, lavoratori come tutti gli altri? I fondi arrivano sempre da chi ce li ha. E’ abbastanza ovvio che un ragazzo che scrive per una testata autofinanziata dalle stesse persone che ci lavorano non potrà mai essere pagato come un vero professionista” analizzano con obiettività i ragazzi di Zero. “Ovviamente” continuano “in quel caso entrano in campo altri fattori quali passione, divertimento, proprio quell’elenco di cose in bocca allo strepitoso Luca Di Giovanni nei nostri tre spot. Quella del giornalismo è una realtà, come tante nel campo intellettuale, con una concorrenza spietata, ma non per questo bisogna smettere di cercare la novità e scrivere con interesse per generare interesse e cultura. Non bisognerebbe mai svendere il proprio lavoro per 3 euro a pezzo, ascoltando le direttive di un editore che vuole solo stare sull’onda di una qualsiasi notizia” consigliano i giovani del team ideatore della campagna.

Solitamente un lavoratore non pagato, che lavora gratis, rende meno. Vi risulta?
“Probabilmente no. Noi abbiamo lavorato gratis per realizzare questi tre video. La differenza è che lavoravamo gratis per noi stessi in un progetto che era nato dalle nostre frustrazioni. Sicuramente un lavoratore mal pagato (prendi appunto l’esempio dei 3€ ad articolo) non riuscirà mai a portare avanti un progetto con serenità ed interesse. Quindi se dobbiamo lavorare gratis, piuttosto facciamolo bene, e soprattutto per noi stessi.”

La vostra è una campagna di sensibilizzazione. Il vostro progetto avrà un seguito? O si estinguerà finita la campagna?
“Terminerà finita la campagna. Molte persone ci hanno chiesto di dar voce alla propria classe lavorativa o sociale, e di realizzare altri video. La cosa che ci spinge sempre a realizzare i nostri lavori è dar voce a noi stessi, a quello che ci circonda, e mettere in luce degli aspetti che rappresentano uno spaccato “personale” dell’andamento delle cose. Sicuramente continueremo a parlare di questo, ma #coglioneNo preferiamo lasciarcelo alle spalle con grande entusiasmo verso il futuro.”

Vivete a Londra e Roma. Questo è un tipo di sfruttamento che non conosce confini?
“Effettivamente no. All’estero le cose non sono sempre rosa e fiori come vengono descritte in Italia. Però sicuramente c’è un pudore, ed i lavori ‘intellettuali’ hanno una dignità maggiore. Il cliente che viene a proporre il lavoro a ‘no budget’ sicuramente in Inghilterra avrà un tipo di approccio diverso rispetto a quello adottato in Italia. Si vergognano di più, mettiamola così, perché sanno che quello è un lavoro a tutti gli effetti ed i soldi che girano sono tanti.”

Pensate che potrà mai avere fine? Come?
“Non siamo soliti dare risposte, perché non vorremmo mai arrogarci il diritto di trovare soluzioni. Probabilmente non spetta a noi. Sicuramente bisogna anche iniziare a pensare di risolvere tanti problemi a monte. L’istruzione è uno di questi, ed istruendo le future classi di lavoratori sicuramente sarebbe un passo avanti verso il riconoscimento della dignità di ogni lavoro. Crediamo anche che il cambiamento debba per forza di cose partire dai singoli: è la mentalità di ognuno di noi che deve cambiare.”

Condividi su:

Seguici su Facebook