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'Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario'

Riflessioni sulla Shoah

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Oggi chiunque può decidere di tatuarsi immagini, numeri o pensieri sul braccio. È una scelta, e come tale è libera e insindacabile. Eppure 70 anni fa, milioni di esseri umani, sono stati marchiati come carne da macello e destinati a morire.

Oggi, 27 gennaio, si onora ‘La Giornata della Memoria’: in questo stesso giorno, nel 1945, le truppe sovietiche entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, aprendo gli occhi del mondo su una delle pagini più tristi della storia: la Shoah. È dovere di tutti noi conoscere, sapere e ricordare cosa sia stato l’Olocausto, quello che il nazismo ha fatto, le responsabilità degli autori materiali di questa tragedia immane e quelle morali di chi sapeva e avrebbe dovuto impedirla. E tutti noi, come italiani ma soprattutto come ‘teste pensanti’ dovremmo vergognarci per le leggi razziali approvate nel nostro paese nel ventennio fascista.

Ebrei, rom, omosessuali: sei milioni e mezzo di persone vennero strappate alle loro vite, alle loro famiglie, alla loro dignità: picchiate, affamate, deportate, cremate. Per un’idea di ‘razza’ ingiustificabile. È necessario che con il passare del tempo da quegli avvenimenti, la consapevolezza del senso di ingiustizia subita dalle vittime si rafforzi sempre maggiormente e che le cosiddette nuove generazioni non li considerino solo come un argomento di storia da ripetere al professore nell’interrogazione ma come ‘qualcosa’ che riguarda tutti. La gita di istruzione per essere veramente tale dovrebbe essere obbligatoria ad Auschwitz o a Buchenwald o a Birkenau. Per non dimenticare. Mai. Non solo nella ‘Giornata della Memoria’.

Ed è altrettanto vero che simili atrocità purtroppo si sono verificate, per ragioni etniche, religiose, politiche anche in epoche a noi più vicine: basti pensare al genocidio in Ruanda o alla pulizia etnica nei paesi della ex Jugoslavia o ai gulag sovietici. Evidentemente noi umani che ci arroghiamo la presunzione di decidere della vita degli altri, perseveriamo nel ripetere imperdonabili errori.

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