VIRUS? - non solo covid-19
E ’vero. Il Coronavirus sembra aver riproposto il tema “zone interne” in tutta la sua dimensione economico-sociale e, soprattutto, nella sua decadenza demografica che sembra inarrestabile. I Comuni interni e montani non hanno mai goduto tanta considerazione da mezzo secolo a questa parte. Tutti a parlare e scrivere della bellezza dei nostri paesi, e l’aria buona, e i cibi genuini e l’educazione degli abitanti: salutiamo ancora le persone che incontriamo, anche se non le conosciamo e le vediamo per la prima volta.
Insomma se cerchi qualità della vita il posto è quello stesso dove stiamo soffrendo rapine di tutti i tipi, compresa la dignità. Ora sembra che sia in corso un certo cambiamento; si, ci sono case vuote e silenzio dove c’era animazione e vita, ma le richieste di acquisto dei nostri immobili aumentano sempre più. Non c’è il ritorno di chi è partito, arrivano volti nuovi; certo con presenze stagionali, ma ci sono.
In questo caso trova conferma l’intuizione di Franco Arminio “ I paesani di oggi spesso sono inzuppati di sfiducia, sono rami senza radici, fringuelli dell’insolenza. Bisogna arieggiare i paesi portando gente nuova, il paese deve essere un intreccio di indigeni e forestieri. Bisogna agitare le acque, ci vuole una comunità ruscello, più che una comunità pozzanghera” (La cura dello sguardo, Bompiani, 2020). Certo è difficile accettare questa proposta di soluzione, anche perché quelli che sono andati via qualche volta lasciano presenze significative non meno forti di quelle reali e fisiche. Forse questo è un problema; succede che un paese può essere guidato “ da fuori … in questo caso non avremo un paese ma un outlet della ruralità”. (Ancora Arminio).
In ogni caso il processo del cambiamento deve marciare con politiche di equità fiscali ed iniziative concrete di sviluppo, altrimenti chiunque abiterà questi luoghi sarà sempre costretto all’abbandono. Vogliamo cominciare, per esempio, dai sistemi di comunicazione? Dicono che il Virus ci ha messo in difficoltà, ed è vero, ma vuoi mettere: comunicare, corrispondere, dialogare; vuoi mettere: fare scuola, cercare lavoro “a distanza” utilizzando diffusamente la tecnologia ormai praticata dovunque e non poterlo fare? Per tutti gli italiani la quarantena ha rappresentato un modello diverso di vita e di corrispondenza; per molti di noi, invece, una condanna all’isolamento, con tutte le conseguenze anche di ordine psicologico. Allora: cominciamo con la banda larga.
Ma non è tutto: metti che hai un ristorante in montagna - esperienza di ieri al rifugio del cinghiale - con clienti amici della natura e rispettosi dell’ambiente; accoglienza, servizi, tutto di prim’ordine. Ma non portarti il cellulare, lì non ti serve; potresti utilizzare il telefono fisso della struttura; anzi lo chef non senza impaccio si scusa come se fosse colpa sua e ti confessa “non c’è rete … qui non prende”. Domandi come se la cavano, se lavorano: “abbiamo perduto in massima parte la clientela di fuori regione, Campania e Lazio; solo locali; danni del 50%; ma siamo qua, insistiamo, siamo fiduciosi…il virus passerà ma la bellezza di questi luoghi rimane …”.
Ed ancora: oggi 7 e tra qualche giorno, l’11 settembre, le popolazioni d’Abruzzo e Molise per cultura, tradizione e fede sono soliti recarsi in pellegrinaggio a Santa Maria del Monte e Santa Maria del Canneto per confermare il sentimento devozionale di antica e forte adesione.
Ma questo settembre sarà senza processioni e senza canti. La conferma di fede sarà privata, con conseguenze anch’esse notevoli sulla salute spirituale della collettività.
Il virus, nelle zone interne e montane ha molti nomi, non solo covid19.