Ore 15:07 - Il primo dato politico
Gli exit poll restituiscono un primo dato politico: la maggioranza di governo tiene e neppure l’ipotetica somma di voti degli altri candidati avrebbe potuto cambiare il risultato. Le opposizioni peraltro si sono presentati con maggioranze variabili: in Lombardia il centrosinistra poteva contare sull’appoggio del M5S ma aveva contro una candidata forte, Letizia Moratti, dal dna di centrodestra ma candidata a questo giro da quello che era fino a pochi mesi fa un pezzo di centrosinistra, ovvero l’alleanza Renzi-Calenda; nel Lazio l’alleanza era invece con il «terzo polo», mentre il M5S si è sfilato presentando un proprio candidato di grande visibilità , l’ex presidente del Wwf e volto Rai Donatella Bianchi.
Ore 15:02 - Exit Poll Lazio, il centrodestra riprende la Regione
Anche nel Lazio il centrodestra è in netto vantaggio e si avvia a riconquistare la guida della Regione dopo gli anni di Zingaretti. Il candidato Francesco Rocca è dato già sopra il 50%. Alle sue spalle il portacolori del centrosinistra e del terzo polo, Alessio D’Amato, accreditato del 30-34%; e a seguire Donatella Bianchi, candidata del M5S, che viaggia tra il 10,5 e il 14,5%.
Ore 15:00 - Exit Poll Lombardia, Fontana verso la maggioranza assoluta
Maggioranza assoluta, con risultati oltre il 50% o comunque molto vicina alla soglia, per il presidente uscente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Alle sue spalle l’esponente dem Pier Francesco Majorino e dietro Letizia Moratti candidata del cosiddetto terzo polo. Sono le prime indicazioni che arrivano dagli exit poll diffusi da Enrico Mentana durante la maratona tv su La 7.
Ore 14:21 - Il voto regionale
(dalla newsletter Prima Ora, di Luca Angelini) L’affluenza, come detto, è bassissima: il 31,78% alla chiusura dei seggi, ieri sera alle 23, in Lombardia e il 26,28% nel Lazio. È vero che, per votare, c’è tempo ancora fino alle 15 di oggi, ma il dato del 2018 (66,6% nel Lazio e 73,1% in Lombardia) è lontanissimo in entrambe le regioni.
Eppure, non si può dire che il voto sia di quelli di scarso peso. Non soltanto perché si tratta — come ha detto la premier Meloni andando al seggio — di «due Regioni strategiche per la nazione». Ma anche perché, oltre ai candidati locali, tutti i leader politici, come aveva sottolineato — ancora al netto delle parole di Berlusconi — Roberto Gressi sul Corriere, si giocano qualcosa.
Cosa, lo riassumiamo qui in breve:
Giorgia Meloni «Deve preoccuparsi di non vincere troppo, per evitare che gli alleati di governo, stretti nell’angolo dell’irrilevanza, possano mettersi di traverso, rendendo arduo il suo cammino».
Matteo Salvini «Nel 2018 la Lega aveva quasi il 30 per cento e ben 28 seggi, un risultato oggi impensabile. Attilio Fontana probabilmente vincerà ancora, ma si troverà alla guida di un esercito non suo. Un forte handicap, in vista della battaglia sull’Autonomia regionale, con Fratelli d’Italia che non vuole strappare con il Sud e sempre attenta alle ragioni del centralismo».
Silvio Berlusconi «Paga il prezzo di non aver voluto, o potuto, costruire se non un erede almeno una squadra capace di portare avanti le intuizioni del Fondatore. Ed evitare così che tutti i grandi momenti, che hanno segnato l’Italia in questi ultimi ormai quasi trent’anni, vadano perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia».
Stefano Bonaccini e Elly Schlein «Scendere ancora rispetto al 19 per cento conquistato il 25 settembre nelle due regioni sarebbe un pessimo segnale, che varrebbe da incoraggiamento per Terzo polo e Cinque stelle a proseguire nella campagna di svuotamento del Partito democratico».
Giuseppe Conte «Rischia relativamente poco, tanto la sconfitta eventuale, soprattutto nel Lazio, finirebbe soprattutto sul groppone del Pd, che con Nicola Zingaretti ha guidato la Regione negli ultimi dieci anni. Può però pagare, in prospettiva, una politica con gli occhi girati all’indietro, senza vere idee nuove e con un spregiudicatezza, soprattutto sulla guerra in Ucraina, che lo segnalano alla guida di un movimento populista e inaffidabile».
Carlo Calenda e Matteo Renzi «Sarà importante la percentuale di voti che riusciranno a portare a casa. Se ci sarà una crescita significativa (anche al netto del traino Moratti), il progetto troverà conferme. In mancanza, si tornerà alle manovre parlamentari. Con il rischio di vivacchiare, peccato grave in politica, ma addirittura imperdonabile fra i corsari».