Il comune di Agnone, accreditato al centro-sinistra, avrebbe dovuto esprimere alla provincia di Isernia sei voti per la coalizione: ne sono usciti tre. Il Pd locale ha rivendicato la correttezza dei suoi militanti e bollato come “giochi di palazzo” lo scambio di voti con alcuni politici regionali che, secondo alcuni esponenti di entrambe gli schieramenti, sarebbe al centro della presidenza Saia. La verità è che, oggi, il Pd vive uno psicodramma: come gestire l’ingresso ufficiale della destra nell’amministrazione comunale alto molisana, che non è nata da una coalizione civica di singoli, bensì da un partito che ha coalizzato attorno a se singoli di orientamento (si pensava) affine.
Infatti, mai nessuno ha opposto alcunché, quando la giunta veniva definita di centro-sinistra. Il fatto nuovo, peraltro emerso già nelle elezioni politiche, è che alcuni consiglieri hanno rivendicato negli ultimi tempi la militanza e l’appartenenza alla destra, culminato con il voto alla provincia di Isernia. A questo si aggiunga l’appoggio esterno del candidato sindaco di centro–destra Agostino Iannelli, ricusato dalla stessa coalizione proprio per le sue posizioni in consiglio comunale
Questo pone un problema politico enorme ai Dem, che hanno sempre rivendicato a pieno titolo la presenza ufficiale del partito nell’amministrazione. Lo si pone ora perché è a livello provinciale e regionale che si chiede conto dell’anomalia, a dire il vero conosciuta e sempre tollerata dalla dirigenza della sezione di Agnone. Per tutti valgono le affermazioni dell’ex sindaco di S. Pietro Avellana, Francesco Lombardi, che ha accusato esplicitamente il sindaco di Agnone Daniele Saia di fare il doppio gioco per fini personali.
Ammesso che ancora esista un gruppo dirigente della Pd agnonese in grado di fare analisi e assumere decisioni consequenziali, il partito deve decidere come gestire una situazione anomala, imbarazzante e dannosa politicamente. Continuare a governare con esponenti di destra significa riproporre la stessa alleanza anche alle elezioni dell’anno prossimo, perché sarebbe singolare continuare in questa esperienza politica, mentre se ne prepara un’altra. Diversamente, l’unica strada che resta è di uscire dalla maggioranza, rivendicando la responsabilità di far proseguire il mandato fino al termine naturale, votando volta per volta i singoli provvedimenti. Una decisione non più rinviabile, anche per recuperare lo scollamento ormai evidente con l’elettorato piddino, che non tollera l’abbraccio mortale con Di Lucente e Micone.