Città del Vaticano – Sono passati 44 anni da quel pomeriggio assolato di primavera che avrebbe potuto cambiare per sempre il volto della Chiesa cattolica e la storia del mondo. Il 13 maggio 1981, alle ore 17:17, Piazza San Pietro fu scossa da alcuni spari. A esplodere i colpi fu Mehmet Ali Ağca, un giovane turco legato a un’organizzazione estremista, che puntò la pistola contro Papa Giovanni Paolo II mentre questi, a bordo della sua papamobile, una Fiat Campagnola scoperta, salutava i fedeli. Il Santo Padre fu colpito all’addome e a una mano, e crollò tra le braccia del suo assistente personale, don Stanisław Dziwisz (oggi cardinale). Il panico travolse la piazza. I pellegrini, prima festanti, si tramutarono in una folla attonita e impietrita. Le sirene dell’ambulanza, il rumore dei passi affrettati, le urla e le preghiere: fu il caos. E fu anche il momento in cui milioni di persone nel mondo si sentirono improvvisamente unite da un dolore comune. Giovanni Paolo II, trasportato d’urgenza al Policlinico Gemelli, fu operato per oltre cinque ore.
Il proiettile aveva sfiorato l’aorta. Pochi millimetri segnarono la linea sottile tra la vita e la morte. Ma Wojtyła si salvò. E non fu solo un miracolo clinico: fu, per molti, un miracolo della fede. Quella data, 13 maggio, non era casuale. Era il giorno della Madonna di Fatima, la stessa a cui il Papa attribuì la sua sopravvivenza: “Una mano ha sparato, un’altra ha guidato il proiettile”, disse in seguito. Un frammento di quel proiettile, simbolicamente, fu incastonato nella corona della statua della Vergine a Fatima. Oggi, in tutto il mondo, quel giorno viene ricordato non solo come un tentativo di omicidio, ma come una prova di perdono, di resistenza, di fede incrollabile.
Perché Giovanni Paolo II, una volta ristabilito, fece qualcosa di inaudito: andò a trovare il suo attentatore in carcere. Lo guardò negli occhi. E lo perdonò. In un’epoca segnata da divisioni, guerre e terrore, quel gesto rimane un faro. Una lezione universale sulla possibilità di superare l’odio con il coraggio della misericordia. Il 13 maggio non è solo una data da ricordare. È un richiamo a guardare oltre la cronaca, oltre la ferita, per scorgere il mistero della speranza che rinasce anche tra le pieghe del dolore.