Nell’area eventi di Selvapiana, una folla in delirio, mani al cielo e cuori che battevano a ritmo di beat hanno accolto il rapper napoletano, simbolo di una generazione che si riconosce in testi crudi, viscerali e autentici. Geolier ha trasformato Campobasso in un’arena pulsante di energia e appartenenza.
Il concerto si è aperto con un boato: le prime note di “Per sempre” hanno dato il via a uno show intenso, un viaggio tra successi, confessioni e identità. Non ha solo cantato: ha raccontato se stesso, la sua terra, le sue cicatrici — e il pubblico ha risposto intonando ogni parola, come se fosse scritta sulla propria pelle. Tra i brani più amati e acclamati: “Money”, “Narcos”, “Presidente”, “Chiagne”, “I p’ me, tu p’ te”, “Si stat’ tu”, “Dio lo sa” e “Il male che mi fai”, eseguiti con una potenza scenica che ha fatto vibrare l’intera area. Non è mancato “Finché non si muore”, trasformato in un inno alla resistenza emotiva. Durante la serata, Geolier si è lasciato andare a un momento di verità: «Mi avete fatto sentire a casa», ha detto tra gli applausi, profondamente grato per l’affetto ricevuto. Parole semplici, ma capaci di stringere ancora di più il legame tra artista e pubblico. Nonostante le critiche di chi preferisce sonorità più classiche, il rapper napoletano continua a conquistare il cuore dei giovani, che lo amano per la sua autenticità e la forza dei suoi testi.

Il live di Campobasso, che ha registrato quasi il sold out con diverse migliaia di presenze, è arrivato a pochi giorni dalle due date da numeri record all’Ippodromo di Agnano, dove il 25 e 26 luglio il rapper ha radunato complessivamente 116.000 persone, consolidando il suo ruolo di icona del rap italiano contemporaneo. Se Napoli è il cuore, Campobasso si è rivelata l’anima: più intima, autentica, viva. Con il tour tratto dall’album “Dio lo sa”, uscito lo scorso anno, Geolier continua a macinare numeri ed emozioni, portando la voce del Sud in tutta Italia. E ieri sera, a Campobasso, ha dimostrato ancora una volta che la musica può unire, accendere, guarire. La notte è finita, ma l’eco delle parole di “Finché non si muore” resta. E nessuno voleva che finisse.