SCHIAVI DI ABRUZZO - "Il sacramento del battesimo conferisce all'anima del battezzato un segno indelebile, che non può essere cancellato su richiesta. Non serve a nulla chiedere di essere sbattezzati, come ha fatto qualcuno nei mesi scorsi, perché si resta comunque cristiani, il sacramento resta valido".
Sono le parole pronunciate da don Antonio Di Palma (in foto, ndr), parroco di Schiavi di Abruzzo, nel corso dell'omelia domenicale di oggi. Nella festa liturgica del battesimo del Signore la Chiesa universale ha pregato, nella preghiera dei fedeli, "per i battezzati che hanno abbandonato la Chiesa". E nel corso dell'omelia il sacerdote ha fatto riferimento ad un caso specifico, pur non citandolo direttamente, accaduto nella diocesi di Trivento. Le cronache dei mesi scorsi, infatti, hanno raccontato della singolare richiesta di un imprenditore di Capracotta, Ermanno D’Andrea, il quale ha chiesto pubblicamente di essere cancellato dal registro dei battezzati "in polemica col parroco di Capracotta che sta costruendo la casa canonica a ridosso della Chiesa Madre". Una protesta resa plateale proprio dalla singolarità della richiesta avanzata. Come se essere cristiani o non esserlo potesse dipendere solo dall'atteggiamento di un singolo prete nei confronti di un immobile da costruire o restaurare. Una vicenda che ha avuto vasta eco sulla stampa molisana, perché mediaticamente interessante, ma che di fatto è una evidente sciocchezza, perché appunto il battesimo imprime all'anima un carattere incancellabile, indelebile, eterno, come ha precisato il parroco di Schiavi nel corso dell'omelia.
"Si può chiedere di essere cancellati dal registro dei battezzati, - ha puntualizzato ulteriormente don Antonio Di Plama - ma non si ottiene il risultato voluto, non serve a niente, perché il segno di quel sacramento rimane valido per sempre, per l'eternità ".
Insomma, la richiesta dell'imprenditore di Capracotta è stata una sciocchezza bella e buona. Una protesta plateale, anche legittima se si vuole, che ha ottenuto il solo risultato che poteva aspirare ad ottenere, cioè di finire sui giornali locali. Nella sostanza, però, si è trattato di una mera trovata propagandistica, perché appunto chi viene battezzato lo resta per sempre.
Per approfondimenti sulla vicenda di Capracotta si consiglia la lettura dell'articolo del collega Vittorio Labanca: