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Agnone festeggia i 90 anni del Dott. Beniamino Apollonio, tra storia, radici e l’amore per “La Ripa”

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Oggi la comunità di Agnone si stringe attorno al Dott. Beniamino Apollonio per celebrare il suo 90° compleanno, circondato dall’affetto della famiglia, di amici e conoscenti. La festa si svolge nello storico Palazzo Apollonio, situato nel rione “La Ripa”, cuore antico della città.

Palazzo Apollonio (palazzo, gentilizio) - Agnone (IS)  <br>Condizioni d'uso: <a class='link-esterno' href='https://docs.italia.it/italia/icdp/icdp-pnd-circolazione-riuso-docs/it/v1.0-giugno-2022/testo-etichetta-BCS.html' target='_bcs'>Beni Culturali Standard (BCS)</a>

Il Dott. Apollonio appartiene a una famiglia dalle origini illustri: intorno al 1500, i suoi antenati si spostarono da Venezia e dall’Istria verso l’entroterra adriatico, fino a stabilirsi anche in Puglia. Ad Agnone, oltre agli Apollonio, giunsero altre famiglie veneziane, molte delle quali legate alla lavorazione dell’oro. Ancora oggi, i segni di quella presenza sono visibili: sul Palazzo Apollonio svetta un Leone veneziano, e lungo Corso Garibaldi si trova una bottega orafa in stile veneziano.

La famiglia Apollonio fu per secoli tra i più importanti proprietari terrieri della zona. Beniamino studiò ad Agnone fino al diploma, per poi proseguire l’università a Napoli. Motivi professionali lo portarono a trasferirsi a Roma, dirigente ENI,  dove conobbe Augusta Pacelli, legata alla famiglia di Papa Pacelli.

Fu proprio Augusta, nel 1959, a lasciare un ricordo scritto del suo primo incontro con il quartiere “La Ripa”, un componimento che trasuda amore per la terra del marito:

"Io amo la Ripa perché è dove “approdai” giunta nel 1959 da Roma con la mia famiglia, come fidanzata di Beniamino Apollo. Ero chiamata la “sposina” come usa o usava in Agnone.

Fu subito per me un posto pieno di fascino, perché vivevo in una grande città. Qui tutto era antico: le case, i vicoli, i portoni, gli scorci aperti sulla valle sottostante, i suoni delle campane delle antiche chiese che si concentravano nell’aria uguali e diversi da essere riconosciuti dalle persone del posto. Antiche le pietre delle strade.

I contadini che all’imbrunire tornavano sui loro cavalli con una dignità come bravi professionisti. Certo, professionisti delle cose della campagna, tanto esperti con l’arte appresa dai loro padri, dai loro nonni – arte antica. E le donne che tornavano dai campi e si mettevano subito all’opera per sistemare e mantenere i loro prodotti per i lunghi inverni: cipolle e aglio al sole, fagioli e ceci a seccare, pomodori a maturare in attesa di divenire deliziose salse nelle grandi caldaie di rame.

Il nostro Antonino Iaciancio, altro professionista dei campi, tutte le mattine dalla campagna degli Apollonio all’Assunta, si inerpicava per la Ripa e ci portava una grande cesta di frutta e verdura variopinta, una varietà di ortaggi da incantare lo sguardo e stuzzicare la gola. Per le nostre bambine coglieva i frutti del gelso strada facendo: erano come grandi more di cui andavano golose.

La Ripa di quei tempi mi ricordava il “Sabato del Villaggio” di Leopardi! Non mancavano anche le “donzellette che venivano dalla campagna in sul calar del sole”…

Nel Belvedere portavo le mie bambine a giocare, mentre io – con gli occhi – arrivavo a guardar lontano valli, paesaggi, paesini lontani…

La sera poi, quando le bimbe dormivano, approfittando di mamma Concetta che restava in casa, andavo a prendere un po’ di fresco alla Ripa e con l’anziano zio Camillo Apollonio, che mi voleva tanto bene, ci sedevamo all’ultima panchina, guardavamo il cielo stellato e lui mi indicava tutte le costellazioni e con competenza mi dava lezioni di astronomia. “Zì, zì”, mi diceva, quella è… quell’altra è… Poi tornavo a casa serena e appagata dalla mia passeggiata serale.

Mi bastava poco, ma era molto per me stare alla Ripa, luogo ameno, antico, autentico, genuino come i suoi abitanti. Come gli odori di cucina che escono dagli usci delle case… Sono passati più di 60 anni da quei primi anni che vi sono giunta e anche ora dico: amo la Ripa!

Anche le botteghe antiche di allora avevano il loro fascino e ce ne erano non poche per la Ripa. Per fortuna è rimasta la bottega di Guido che batte il ferro dalla mattina alla sera per creare i suoi capolavori e questo battere sa tanto di antico e ci fa compagnia tutto il giorno.

E il cuore della Ripa che batte con esso e ci dice “Sono viva ancora, non lasciatemi morire!”.

Per non parlare del forno di Antonietta, il cui profumo ci inondava la casa, a cominciare da quello del pane al mattino. Era il tempo che si faceva ancora il pane in casa e si portava a cuocere al forno. E c’erano tante altre botteghe a me care! Rosaria, Maria, l’altra Maria e Felicetto, la bottega del rame alla Porta, l’oreficeria.

Perciò mi piace tutto di Agnone, ma amo la Ripa, perché alla Ripa trovo quello che non trovo in città, mi sento paesana tra i paesani, “ripaiola”."
Augusta Pacelli Apollonio

Oggi, nel giorno del suo novantesimo compleanno, la voce di Augusta torna a risuonare tra le pietre antiche della Ripa, intrecciandosi con la storia personale e familiare di Beniamino Apollonio. A lui giungono gli auguri più sinceri di tutta la comunità agnonese, riconoscente per la memoria custodita e il legame profondo con le radici del paese.

 

 

 

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