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Francesco Valentino, uomo distinto, la musica nel sangue e un cuore per Agnone

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C’era una volta un uomo che viveva di musica. Si chiamava Francesco Valentino professore di musica, ed era un uomo distinto, elegante nei modi e profondo nello spirito. La sua vita fu una lunga sinfonia d’amore per la musica e per la gente, un’armonia che trovò la sua nota più sincera ad Agnone, la città che scelse come casa dopo la guerra  e alla quale dedicò tutto sé stesso.

Nato in Toscana, Valentino suonava il pianoforte già a quattro anni. Durante la Seconda guerra mondiale, per non essere catturato dai tedeschi insieme ad altri coetanei, fuggì e trovò rifugio prima ad Atessa, poi arrivo' ad Agnone a metà degli anni ‘50, e vi resto’ fino al 1965. Qui cominciò a insegnare musica: gli vennero affidate alcune ore alla scuola dell’Avviamento Professionale, e la sera teneva corsi per chi voleva imparare, offrendo a molti ragazzi — come ricordano i suoi allievi — una formazione completa che si concludeva con un diploma a fine anno.

Fu proprio in quegli anni che nacque il celebre Complesso “Aurora”, simbolo della rinascita musicale del Molise negli anni ’60. Nel gruppo suonavano Alberto Pannunzio,  che cantava il suo cavallo di battaglia zi Nicola, Franco Marcovecchio (futuro sindaco di Agnone) alla batteria, Raffaele Tavarozzi alla tromba, Antonio Patriarca al Sax , Giorgio De Ciocchis alla chitarra solista, e Nicolino Colacelli come presentatore. Nel 24 giugno del 1962 debuttarono al  rione di Maiella in Piazza del Popolo, lasciando un segno indelebile nella memoria di chi c’era.

La sua vena creativa andava ben oltre l’insegnamento: nel 1960 la sua canzone “Emigrante” si classificò seconda al Festival della Canzone di Vasto, un successo che aprì la strada a nuovi progetti. Con il gruppo partecipò poi a “La Conca d’Argento”, spettacolo musicale nel quale batterono Atessa, arrivando successivamente secondi ancora una volta contro Vasto.

Compositore raffinato, Valentino scrisse anche un’Ave Maria, l’Inno a San Pio e numerosi brani per gruppi folkloristici e cori locali, opere intrise di sentimento e spiritualità.

Quando, con la chiusura dell’Avviamento, si trasferì a Torino per lavorare alle Poste, non smise mai di fare musica: era, come amava dire, il suo pane quotidiano. Ogni estate tornava nella sua Agnone, dove riprendeva a suonare, ad accordare strumenti — persino le campane, che sapeva intonare con la stessa sensibilità di un pianoforte.

Francesco Valentino aveva davvero la musica nel sangue. Non cercò mai la fama: cercò il suono giusto, l’armonia condivisa, la gioia di far crescere gli altri.
Oggi il suo nome resta nel cuore di chi lo ha conosciuto, come una nota che non svanisce, ma continua a vibrare nell’aria di Agnone, ogni volta che una melodia riecheggia tra le sue strade.

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